Come conservare meglio l’olio? Lattine e bag in box a confronto

Una ricerca svela la durata dei parametri dell’extravergine

Con l’olio nuovo tornano anche d’attualità tante domande sui migliori metodi di migliore conservazione dell’extravergine da parte sia dei produttori che dei consumatori. E quale sia il contenitore più idoneo e che garantisca maggiore durata del prodotto è sicuramente una di queste.

Merita pertanto di essere ripresa una recente ricerca dell’Università di Iannina in Grecia che ha messo a confronto le caratteristiche qualitative dell’olio extravergine contenuto nei due più comuni contenitori da 3 e 5 litri: il bag in box (la confezione composta da un sacchetto di plastica con rubinetto di spillatura dal basso che garantisce il sottovuoto, all’interno di un contenitore di cartone) e la lattina di alluminio o cosiddetta “di banda stagnata”.

Il campionamento dell’olio d’oliva è stato effettuato ogni 20 giorni, valutando il deterioramento della qualità sulla base di molteplici parametri qualitativi: acidità, PV (numero di perossidi), K232 e K270 (i parametri che misurano l’assorbimento dei raggi ultravioletti), Delta K (misura lo stato di ossidazione secondaria), colore, contenuto fenolico totale, composizione di AF e profilo dei composti volatili.

I campioni confezionati in lattine in banda stagnata non potevano più essere classificati come extravergine dopo 80 giorni di conservazione a 22 gradi e dopo 60 giorni a 37 gradi. I campioni conservati in bag in box hanno invece mantenuto le specifiche di extravergine per tutta la conservazione a 22 gradi e hanno avuto una durata di conservazione di 100 giorni a 37 gradi.

In conclusione, hanno registrato i ricercatori, i risultati hanno mostrato che l’imballaggio in bag in box si è rivelato più adatto a tutti i campioni di olio d’oliva anche per quelli esposti a temperature maggiori. Da non dimenticare che la scelta del bag in box presuppone di indirizzarsi verso prodotti comunque certificati e realizzati nel rigoroso rispetto delle normative, dal momento che i sacchetti contengono i cosiddetti ftalati, sostanze che da una lato danno morbidezza alla plastica e che dall’altro, in prodotti scadenti e non tracciabili,  potrebbero essere potenzialmente cancerogene.

Fonte: olivonews.it